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Dylan Dog, l'horror, il cinema e tutto ciò che ruota attorno all'universo dell'Indagatore dell'Incubo!

mercoledì 4 aprile 2012

Recensione Dylan Dog n°307 "L'assassino della porta accanto"


DYLAN DOG n° 307
"L'ASSASSINO DELLA PORTA ACCANTO"
Soggetto e sceneggiatura: Fabrizio Accatino
Disegni: Sergio Gerasi
Copertina: Angelo Stano

Sono anni che si parla di un Dylan Dog in lento, irreversibile declinio. E in parte è anche vero.
Poi però spuntano ogni tanto dei piccoli gioielli, che rinfrescano la vitalità di uno dei personaggi più amati della storia del fumetto italiano.
Questo numero 307 è uno dei questi casi.
Anzi, mi sbilancio ancor di più: è un vero CAPOLAVORO ASSOLUTO.
Un albo che ha spezzato in due le opinioni del popolo dylandoghiano sui vari forum (come in quello che forse è il più importante, CravenRoad7)
Tutti i detrattori di quest'albo ne hanno denunciato la vuotezza, l'assenza di una vera storia, di una trama, di un inizio e di una fine canonicamente intesi come tali, la mancanza di un climax atteso, la risoluzione che ci si aspetta sempre dietro l'angolo (in questo caso, dietro la pagina); beh, è proprio questo il punto di forza di "L'assassino della porta accanto". 
Una sceneggiatura che avanza senza direzione, che alterna sequenze mute a lunghe didascalie di pensieri, lettere, ricordi; un Dylan lasciato sullo sfondo, innamorato perso di una donna sposata che non ci viene mai fatta vedere, disposto ad aspettarla in un condominio lontano da casa, a fare l'amante segreto il giovedì sera, a vivere settimane vuote riempite da quelle uniche serate in compagnia di uno degli amori più adolescenziali e stupidi mai visti, forse proprio per questo così reale e palpabile, pur restando tutto al di fuori del visto (non una scena di sesso, non un bacio, non un solo sguardo di questo grande amore). Un Dylan in balia di eventi che non lo riguardano, non lo toccano, praticamente quasi non lo coinvolgono; è "l'assassino in pensione" della porta accanto, un vecchio acido e spigoloso, che lo mette al centro della sua trama, delle sue angosce, delle sue fervide fantasie persecutorie,  nell'equivoco di credere che sia lì per svolgere il suo lavoro di detective sulle sue tracce, quando invece tutto è affidato ad una casualità talmente banale da diventare assurda, visto che si trova lì solo per amore. Una casualità prettamente Dylandoghiana. Si, proprio quella casualità beffarda e sottilmente improbabile, che pervadeva quasi tutti i grandi capolavori che tanto sospiriamo oggi, quelli degli anni ottanta e primi anni novanta, quelli dello Sclavi vecchia maniera.
Una serie di personaggi minori, pochi, che però con poche vignette ti entrano subito sotto pelle (grazie anche ad un Gerasi straordinario: in alcune vignette io ho eletto Layla come una delle più belle ragazze mai apparse sulla serie), che sembrano lì per lì usciti da una delle pagine settimanali di "Davvero" (e non lo dico per fare un complimento, anche se non disdegno il lavoro della Barbato), ma che l'autore con pochissimi tratti caratteriali riesce a darti un'assaggio dei loro umori, dei loro pensieri, dei loro sentimenti (ho sentito pure io la gelosia di Shane quando si vedono Dylan e Layla sul letto, con lei che suona il clarino)
E poi c'è ovviamente LUI.  Mr Wilson.
Il personaggio più laido, disturbante e odioso mai apparso negli ultimi dieci anni (e forse anche qualcosina di più)
Uno schifoso maniaco, che vive la propria vita nella normalità di tutti i giorni, che guarda vecchi film in tv, rassetta la casa e si lava i denti prima di scendere in cantina a stritolare topi a mani nude, immaginandosi di strangolare donne come faceva ai bei tempi. Una violenza inaudita, che si consuma in poche vignette all'interno della totalità dell'albo, ma che basta e avanza per lasciare il segno.
Un cattivo veramente cattivo, di quelli che speri di pagina in pagina che qualcuno gli faccia saltare il cervello con una pistolettata, che quando vedi entrare Dylan nel suo condominio ti viene da pensare "Vai, cosi almeno prima della fine dell'albo gli spara e lo ammazza, quel bastardo!". La scena della rasatura del topo, con conseguente stritolamento (anche se il tutto viene lasciato inevitabilmente fuori campo), è una delle più disturbanti e cattive mai viste (la cosa più incredibile di questo albo infatti è che sia stato pubblicato, secondo me, vista l'imperante linea editoriale che la Bonelli sembra aver preso in pianta stabile...) 
Un senso di rabbia ti prende e ti assale quando invece si assiste impotenti al suo farla franca, anche dopo aver ucciso di nuovo (e anche lì torna a farsi vedere la casualità di cui parlavo prima: chi uccide caualmente per la strada fra tante ragazze?)
Anche quando alla fine, sempre casualmente, distrugge la lettera di risposta della donna amata da Dylan (non sapremo mai, così come non lo saprà mai Dylan, se se ne è andato perdendola, se lei aveva scelto lui), verrebbe da prenderlo per il collo e strangolarlo senza pietà.
E l'ultima pagina, amara e crepuscolare come poche altre se ne sono viste...semplicemente straordinaria.
Fabrizio Accatino, qui alla sua quarta storia di Dylan in tantissimi anni, si attesta, vista la media qualitativa delle sue prove (troppo poche, purtroppo!), come uno dei migliori interpreti del vero, grande Dylan Dog targato Tiziano Sclavi.
Su Sergio Gerasi spendo poche parole, ma lapidarie: superbo, sui livelli di Massimo Carnevale di "Mater Morbi".
Anche Angelo Stano in questa occasione fà centro: vista dal vivo non si può che gioire di una delle sue migliori copertine degli ultimi anni.
Rispetto totale per chi ha criticato se non addirittura distrutto questo numero; per me è il miglior Dylan Dog degli ultimi tempi. "Mater Morbi" e le ultime sclaviane comprese.


Voto: 10

1 commento:

  1. Albo splendido! Una storia memorabile, che come qualità sarebbe potuta entrare di diritto nel celebre ciclo sclaviano. Alla faccia di chi è talmente impegnato a gridare che di capolavori su Dylan non ne escono più, che quando escono nemmeno se ne accorge!

    Gran bella recensione, complimenti!

    Severino Boezio

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